L'italiano a stranieri

 

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Redazione:
Elisabetta Jafrancesco    
Massimo Maggini
Fiorenza Quercioli

 

Webmaster:

Massimo Maggini

 

QUADRIMESTRALE A CURA DI

N. 10
Gennaio-marzo 2005
numeri precedenti

Insegnanti Italiano Lingua Seconda Associati


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SILVESTRO  TUCCIARONE, LINGUA NAZIONALE, DIALETTO E ITALIANO DI STRANIERI. CONTESTI INTERAZIONALI NEL VENETO, Libreria Editrice Cafoscarina, Venezia 2004

Quale “lingua” si parla, oggi, nel Veneto? In quale spazio linguistico gli immigrati stranieri, sempre più numerosi, si affacciano e maturano le loro esperienze di vita e di lavoro? Qual è la realtà comunicativa quotidiana nelle scuole, nei mercati, nei ritrovi di adolescenti e viceversa in un contesto eccezionale come il carcere? [….] Problemi fondamentali della nostra società “complessa”: la stigmatizzazione del diverso; la forza dello stereotipo e del pregiudizio; la distanza sociale;       la comunicazione interculturale come base del rispetto e strumento di solidarietà civile. (Quarta di copertina) 

Già il titolo, a ben guardare, evoca nel lettore il doppio ambito con cui questo testo lo porterà in contatto: quello della linguistica e quello della sociolinguistica.  Ma per essere più precisi lo studio di Tucciarone parte dalla rilevazione di dati linguistici, procede analizzandoli minuziosamente e giunge a conclusioni che proiettano il lettore nel campo  della sociolinguistica. Se dunque il punto di partenza dell’indagine di Tucciarone è la linguistica, il suo punto di arrivo è, a nostro parere, la sociolinguistica perché le conclusioni a cui l’autore arriva analizzando i documenti raccolti sulla base di solidi studi teorici, conducono a riflettere sul ruolo di certi parlanti all’interno di un certo contesto sociale e comunicativo  e su quanto il loro comportamento linguistico incida nella definizione di tale ruolo.
 Il titolo anticipa anche, come naturalmente si conviene ad ogni titolo azzeccato, l’universo linguistico con cui lo studio di Tucciarone vuole entrare in contatto, quello in cui lingua nazionale, dialetto e italiano di stranieri, quasi si fondono in un unico idioma, spesso si influenzano vicendevolmente, come risultato del loro status di lingue in contatto. 
Il panorama linguistico e sociale che si apre è quindi caratterizzato da un’estrema vitalità e vivacità comunicativa in cui trova spazio anche il gergo degli ambulanti (capitolo 4) che attraverso di esso si scambiano messaggi di tipo, per così dire, “commerciale”, ed è quindi funzionale non alla scambio di messaggi con i clienti, ma alla buona riuscita della vendita.
Che il contesto comunicativo che fa da sfondo alla ricerca di cui il libro rende conto, sia poi il Veneto, non sorprende vista la provenienza dell’autore da questa regione; tuttavia viene da chiedersi se e quanto le stesse conclusioni siano riscontrabili in altre regioni della penisola, aprendo così al lettore un ulteriore spazio di riflessione e di osservazione della realtà socio-comunicativa della propria regione. In sostanza, il Veneto e le varietà linguistiche che qui sono rintracciabili contestualizzano l’analisi di Tucciarone in un ambito preciso e del tutto connotato, ma i risultati di questa analisi allargano i confini regionali da cui essa muove per riverberarsi in altri spazi linguistici e sociali. 

Lingua Nazionale, Dialetto e Italiano di Stranieri è  un’ opera che si articola in una serie di saggi che prendono le mosse da altrettante indagini sul parlato dei nativi e degli immigrati. 
Nell’articolo di apertura viene analizzato il
bilinguismo consapevole (dialetto-lingua nazionale) dei parlanti autoctoni veneti attraverso la riflessione su una serie di dati raccolti tramite un questionario distribuito ad adulti e ragazzi delle scuole primarie di Dolo.
Già dal secondo capitolo l’orizzonte investigativo dell’opera si allarga per comprendere  ed analizzare le ricadute del comportamento linguistico dei nativi sull’acquisizione della lingua seconda da parte dei lavoratori stranieri e di coloro che più avanti – nel capitolo 8 - verranno definiti
 i nuovi veneti, ovvero gli adolescenti che giunti in Italia ancora bambini, talvolta addirittura nati sul territorio della repubblica, si sono stanziati con le famiglie nel Veneto, studiano in scuole locali e dunque a pieno titolo dovrebbero essere considerati una parte consistente della popolazione giovanile della regione.

I capitoli finali sono infatti interamente dedicati a quest’ ultima  categoria di immigrati; in particolare il saggio di chiusura – il 9 -, in cui Tucciarone passa la parola alla docente Monica Mele e alla psicoterapeuta Maria Luisa Virgilio per discutere il caso di due fratelli arabofoni rispettivamente di 19 e 17 anni,  mette bene in evidenza le implicazioni psico-affettive dell’acquisizione della lingua seconda nella definizione dell’identità personale, le lacerazioni spesso inconsapevolmente dolorose che l’adolescente immigrato si trova a dover affrontare a causa del suo trovarsi in mezzo a due culture proprio in uno dei momenti più delicati dell’esistenza umana e talvolta senza ricevere dall’ambiente in cui si trova inserito l’aiuto necessario per superare questo  conflitto interiore. La parte centrale del libro, i capitoli 5, 6 e 7, è dunque interamente dedicata all’analisi del parlato degli immigrati adulti, fotografati in vari contesti comunicativi.  Fra questi ultimi spicca il carcere, ambiente di interazione poco analizzato, ma in cui, come si evince dalla lettura del capitolo 6, la particolare condizione del detenuto straniero fa emergere bisogni linguistici e comunicativi del tutto specifici e inerenti a un particolare tipo di scambio con i nativi: l’italiano, nelle sue varietà d’uso, è qui  “la lingua dell’agente che tiene le chiavi della cella, del giudice che legge la sentenza” (pag. 81).

Il quadro che si compone dunque davanti al lettore configura una peculiare tipologia di apprendenti che richiede al docente di lingua un’attenzione e una professionalità del tutto specifiche: insegnare ad immigrati, che nell’ambiente di lavoro generalmente combattono quotidianamente per ridefinire, attraverso la competenza d’uso della L2,  il loro ruolo sociale fra
pressione anticipatoria e socializzazione anticipatoria  (capitolo 5), non è come insegnare la lingua in istituzioni private o universitarie.  L’immigrato deve anche essere messo in grado,  fra l’altro, di interagire con un ambiente spesso ostile e discriminatorio, da cui riceve un input insufficiente e limitato all’esecuzione di un compito, che quindi non sostiene uno sviluppo della lingua tale da permettere al soggetto di mettere a punto un progetto di sé che tenda all’autorealizzazione.
Questo è particolarmente evidente dopo la lettura del capitolo 7, in cui vengono esaminate
le regole della cortesia.  Dall’analisi dei testi riportati appare chiaro come lo straniero,  consapevole dei propri scarsi mezzi linguistici, tenda a usare marcatori di cortesia non morfologici, tentando comunque di rispettare, appunto, le regole della cortesia. Dall’altra parte il nativo sembra usarle quasi esclusivamente per sottolineare la distanza sociale, abbandonandole quando possibile in un presupposto tentativo di semplificazione linguistica.

  

Fiorenza Quercioli