L'italiano a stranieri

 

articoli
attività didattiche
Fai conoscere questo bollettino a colleghi e amici.

Se vuoi ricevere un avviso a ogni nuova uscita del bollettino clicca qui.

Redazione:
Elisabetta Jafrancesco 
Massimo Maggini
Fiorenza Quercioli

 

Webmaster: Massimo Maggini

 

QUADRIMESTRALE A CURA DI

N. 9
novembre-dicembre 2004
numeri precedenti

Insegnanti Italiano Lingua Seconda Associati


blank.gif (43 byte)
blank.gif (43 byte)
LUCIA MADDII, SERGIO VANNINI, IL RIENTRO A SCUOLA DOPO L’ABBANDONO. ITINERARI A RISCHIO, Firenze,IRRE-Toscana,  2003

 

«Immaginiamo che un tuo amico o una tua amica avesse smesso di studiare, e ora fosse incerto/a se ricominciare o meno, e in che tipo di scuola.
 Che cosa gli/le consiglieresti di fare?  
 Io consiglio sempre di fare ciò che ci fa stare bene, quindi di studiare se ne sente il bisogno o di lavorare se ci è gratificante; come unica cosa basta tener conto che il lavoro rende denaro concreto, la scuola può solo insegnarti ad inserirti nella società (non è poco)» (pag.87)

Il tema dell’abbandono scolastico è oggi  una delle maggiori problematiche che il nostro sistema educativo si trova a dover fronteggiare.
Quali sono i motivi che spingono un numero non irrisorio, anzi in aumento, di ragazzi in età adolescenziale a lasciare l’istituzione scolastica? Sarebbe semplicistico giustificare tale situazione con il desiderio di indipendenza economica, che è pure presente in molti giovani studenti, e imputarne la causa ai guasti di una società consumistica in cui predomina l’avere sull’essere.
I dati statistici invitano piuttosto ad una riflessione approfondita che coinvolge i cardini del sistema formativo in toto: la scuola di oggi e le agenzie educative in genere riescono a dare risposte adeguate in termini di orientamento e formazione?
Quanto questi elementi possono influire sulla scelta di un percorso di studio che valorizzi e tenda allo sviluppo delle naturali inclinazioni dell’allievo  adolescente?
  Lucia Maddii e Sergio Vannini, ricercatori dell’IRRE-Toscana, raccolgono la sfida implicita nelle domande di apertura e cercano di dare una risposta coerente agli interrogativi che ruotano intorno all’abbandono e al rientro scolastico.
I due ricercatori ci propongono quindi un volume frutto di uno studio sistematico della realtà scolastica toscana in cui emerge una compagine sociale a cui la scuola e le famiglie non sempre riescono a venire incontro. 
Il libro si apre con una presentazione del Presidente dell’IRRE Toscana, Franco Cambi a cui seguono quattro capitoli i cui titoli (1. La ricerca, 2. Lo scenario regionale, 3. I percorsi e le scelte,  4.Ascoltando gli studenti) ripercorrono i quattro punti fondamentali della ricerca e si chiude con una conclusione in cui vengono tirate le fila del lavoro svolto.
 Partendo da una ricerca bibliografica e sitografica sull’argomento, lo studio, commissionato dal MIUR (Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca) e di cui il libro rende conto, riporta ed analizza i dati raccolti attraverso un questionario conoscitivo distribuito e compilato in un numero significativo di istituti superiori della regione.
 Ad esso è seguito un colloquio-intervista semistrutturato e condotto secondo il modello della “conversazione clinica” suggerito da E. Damiano in Guida alla didattica per concetti (Milano, Juvenilia, 1995).
I dati raccolti e analizzati nel volume sono quindi scaturiti da una ricerca condotta a trecentosessanta gradi, utilizzando  tutte le fonti di indagine a disposizione e servendosi di strumenti conoscitivi sia di tipo quantitativo – come il questionario – che di tipo qualitativo – come il colloquio-intervista  semistrutturato. 
E’ poi da tener presente che entrambi gli strumenti conoscitivi indagano in particolare le ragioni del rientro a scuola dopo l’abbandono, il che è particolarmente significativo data la carenza di studi su questo punto emersa nella fase di ricerca bibliografica e sitografica.
Se da un lato si nota un crescente sforzo nell’individuare e predisporre percorsi formativi che favoriscano il rientro a scuola, dall’altro sono state fino ad oggi scarsamente indagate le motivazioni e gli scenari socio-affettivi che potrebbero favorire il rientro in formazione.
Una ricerca di questo tipo mette dunque in luce i punti deboli e gli elementi di forza che caratterizzano i giovani che abbandonano la scuola e  decidono successivamente di rientrare in un contesto di formazione, punti ed elementi su cui è necessario riflettere per individuare le azioni di sostegno e di potenziamento più opportune, che possano incoraggiare il ritorno a scuola e il completamento del percorso formativo.
Qualsiasi iniziativa formativa tesa a favorire il rientro scolastico, per essere efficace ed ottenere il successo sperato, non può essere infatti a priori, ma caso mai a posteriori: deve pertanto basarsi sulle reali peculiarità sociali ed affettive dei giovani, potenziali utenti di tali offerte formative, se non vuole dare risposte parziali e incomplete o cadere nel vuoto.
 Nello studio di Maddii e Vannini la parola viene quindi saggiamente data ai ragazzi stessi, che attraverso il questionario e il colloquio-intervista hanno la possibilità di esprimere il proprio punto di vista, le proprie emozioni e  di essere ascoltati tenendo nel debito conto le loro risposte.
 I giovani apprendenti sono dunque invitati a raccontarsi e nel fare questo vengono guidati a entrare in contatto con le loro motivazioni ed aspettative, con il loro disagio e con il senso di fallimento sperimentato nel momento dell’abbandono, contrapposto in molti casi al senso di rivincita e di superamento di una crisi che contraddistinguono la percezione di sé rispetto al rientro.
 Questo si avverte particolarmente nelle risposte date alla domanda aperta del questionario e che è stata riportata nella citazione all’inizio di questa recensione, oltre che nell’intera sezione in cui vengono analizzati i risultati del colloquio-intervista. La strutturazione della ricerca offre quindi anche un  modello per azioni di counselling da svolgere all’interno delle scuole qualora si noti, in certi allievi, un disagio che prevedibilmente potrebbe sfociare nell’abbandono scolastico.
 La somministrazione del questionario, opportunamente riadattato, e del colloquio-intervista potrebbe aiutare l’allievo a prendere coscienza di sé stesso e indirizzarlo nella scelta più appropriata, in modo da limitare la dispersione scolastica.
 Nel corso del volume, emerge allora davanti al lettore uno scenario complesso che investe ambiti scolastici ed extrascolastici, e che vanno dalla biografia scolastica degli allievi alle attività del tempo libero e svolte nel periodo di interruzione, fino alla sfera psicologica e sociologica.  
Fra quelli analizzati e commentati dai due ricercatori, il dato che più colpisce è rilevare come nella stragrande maggioranza dei casi l’abbandono venga imputato ad una scelta errata, il che rimanda direttamente alla questione dell’orientamento. Dalle risposte dei ragazzi si evince piuttosto chiaramente che nel corso della scuola dell’obbligo non è stato possibile mettere completamente a fuoco i propri reali interessi e inclinazioni o, quando questo sia avvenuto, non ci si sentiva sicuri che gli adulti avrebbero accettato e sostenuto le scelte conseguenti. In altre parole gli allievi si sentivano immaturi per compiere delle scelte consapevoli e in armonia con sé stessi e si rivolgevano quindi alla famiglia per ricevere dei consigli in merito, ma le risposte ricevute raramente consideravano l’aspetto vocazionale che la scuola superiore dovrebbe sviluppare per condurre l’allievo a realizzare il proprio progetto di sé, progetto che nella fase dell’obbligo scolastico dovrebbe se non altro, essere almeno abbozzato. 
 Si delinea quindi un quadro in cui si evidenzia innanzi tutto la carenza di didattica dell’orientamento sul versante dell’istituzione scolastica, mentre su quello familiare si osserva come i genitori, scoprendosi impreparati al compito orientativo, preferiscano delegare alla scuola o ad altre istituzioni e singoli, il ruolo di counselor dei propri figli. Conseguentemente si rileva uno scollamento fra i due perni della formazione dei giovani – la scuola e la famiglia – che al contrario dovrebbero agire in sinergia almeno per tutto il percorso della scuola dell’obbligo confrontandosi e condividendo il progetto educativo di cui il ragazzo deve essere protagonista.
 Il rientro a scuola dopo l’abbandono è in ultima analisi un testo che tenta di fotografare la realtà multiforme di coloro che decidono di riprendere il percorso formativo dopo un periodo di interruzione e nel fare questo ci offre anche vari punti di riflessione che investono il ruolo dell’educatore, sia in contesto scolastico che familiare, ma al tempo stesso presenta un possibile modello di intervento che potrebbe rivelarsi assai utile nella gestione e risoluzione positiva della crisi che generalmente precede l’abbandono.

                                                      Fiorenza Quercioli