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Redazione:
Mariadonata Costantini  Elisabetta Jafrancesco  Leonardo Gandi
Massimo Maggini
Fiorenza Quercioli
Camilla Salvi
Annarita Zacchi

Webmaster: Leonardo Gandi

QUADRIMESTRALE A CURA DI

N. 6
maggio-agosto 2003
numeri precedenti

Insegnanti Italiano Lingua Seconda Associati


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Discussione: Saymir, Luca e l'insegnante (1)
Silvia Asti
[vai a interventi di F. Quercioli e L. Gandi]

Prima lettera
Vorrei rispondere all'articolo di Fiorenza Quercioli riguardo l'episodio di rissa avvenuta in una terza media fra un ragazzo albanese ed uno italiano.

Sono un'insegnante di Italiano a cittadini stranieri e madre di un ragazzo di 11 anni e di uno di 6. Poiché per il mio lavoro vengo a contatto con persone di tutto il mondo, ho sempre abituato i miei i figli a conoscere e a rispettare culture e abitudini diverse dalla nostra, cercando anche di incoraggiare incontri e contatti al fine di stimolare la loro apertura mentale.

Ritengo, però, che come è sbagliato avere pregiudizi e chiusure verso altre culture solo perché diverse dalla nostra, altrettanto lo sia sentirsi moralmente obbligati ad accettare come usanze culturali (e come tali passibili della nostra comprensione) abitudini più o meno codificate in altri paesi ma assolutamente inaccettabili nel nostro. La violenza va comunque severamente punita e il ricorso alle forze dell'ordine è stato secondo me opportuno, soprattutto non avendo nei genitori del ragazzo degli interlocutori attendibili. Chi viene nel nostro paese deve sapere che ci sono delle leggi che vanno rispettate e questo ancora di più nella scuola, dove i nostri ragazzi hanno bisogno di esempi e di chiarezza, oltre che di tutela. Allora senza dubbio lavoriamo su di loro affinché accettino e rispettino persone diverse, ma insegnamogli che certe cose sono comunque inammissibili e che portando un pugno di ferro in classe non ce la si può cavare con una lavata di testa del Preside. Anche se non si è italiani.

Seconda lettera
A mio parere è possibile e utile avviare un discorso di intermediazione culturale con i ragazzi stranieri e le loro famiglie se le famiglie stesse sono disponibili ad accettare un dialogo e di conseguenza hanno la volontà di seguire le nostre regole civili e sociali. Già con questa volontà si è, a mio avviso, compiuta metà della strada. Per questo mi permetto di dubitare che una famiglia come quella di Saymir, che si è completamente disinteressata al fatto che il ragazzo non frequenti più la scuola , avrebbe partecipato a tale incontro. Inoltre, secondo me, non c'è bisogno di un interprete per far capire ad una famiglia realmente intenzionata ad integrarsi che non bisogna portare strumenti di offesa a scuola. Per quanto diversa sia la loro cultura non posso pensare che non si rendano conto di questo .... Lo stesso discorso vale per la situazione nella classe di Saymir: è sicuramente primo dovere di un insegnante controllare l'integrazione di uno studente straniero e quindo impedire che gli altri lo isolino e lo prendano in giro. Ma se ciò non avviene è anche importante capirne le motivazioni: il ragazzo è isolato solo perché diverso o perché ha dei comportamenti socialmente inaccettabili? Personalmente ho assistito all'inserimento nella scuola dell'obbligo di un bambino albanese e di una bambina etiope, in entrambi i casi con alle spalle famiglie appena arrivate ma desiderose di integrarsi: gli unici problemi sono stati di tipo didattico, sufficientemente superati nel giro di un anno. Veniamo ora alla domanda se la situazione sarebbe stata la stessa nel caso di un italiano. A mio parere il discorso si riconduce come sempre alla famiglia. Probabilmente un ragazzo che arriva a portare un pugno di ferro a scuola ha una famiglia latitante e quindi un incontro avrebbe potuto rivelarsi inutile, ma se gli insegnanti avessero ritenuto il contrario, avrebbero senz'altro dovuto provare a convocare i genitori prima e, in caso di sufficienti assicurazioni, al posto delle forze dell'ordine.(non senza, però, dare al ragazzo una punizione "esemplare", affinchè tutti capissero che il comportamento era assolutamente inaccettabile). Questo vale anche per Saymir. Per concludere questa lunga e-mail che hai avuto la pazienza di leggere: secondo me il primo passo verso l'integrazione deve essere fatto dagli immigrati, sta poi a noi (e mi sembra un dovere morale) accettarlo e incoraggiarlo, sempre non dimenticando la tutela dei nostri figli. Aspetto altri pareri in proposito.

Nota
(1) La discussione è relativa al testo di F. Quercioli L'incontro-scontro fra Saymir e Luca: tutti perdenti, nessun vincitore pubblicato nel n. 5.
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[vai a interventi di F. Quercioli e L. Gandi]